AZIONI E LIMITI ALLA CIRCOLAZIONE

AZIONI A VOTO "DIVERSO" E QUORUM ASSEMBLEARI

In presenza di azioni a voto plurimo, a voto limitato o senza diritto di voto, ai fini del calcolo dei quorum richiesti dalla legge e dallo statuto per la costituzione dell'assemblea ordinaria e straordinaria e per l'assunzione delle relative deliberazioni, si computa il numero dei voti spettanti alle azioni e non il numero delle azioni o la parte di capitale da esse rappresentata, salva una diversa disposizione statutaria.

In caso di azioni il cui diritto di voto è suscettibile di variazione in dipendenza di situazioni soggettive dell'azionista, si ritiene che:
(i) ai fini del calcolo dei quorum il cui denominatore sia costituito dal capitale sociale "totale", si debba computare il numero dei voti spettanti a tutte le azioni emesse, al momento dell'assemblea, tenendo conto delle situazioni soggettive risultanti alla società in forza dei criteri applicabili a seconda delle tecniche di legittimazione e circolazione delle azioni di volta in volta applicabili;
(ii) ai fini del calcolo dei quorum il cui denominatore sia costituito dal capitale sociale "rappresentato in assemblea", si debba computare il numero dei voti effettivamente spettanti alle azioni intervenute in assemblea;
il tutto fatto salvo il disposto degli artt. 2368, comma 3, e 2357-ter, comma 2, c.c.

Normativa artt. 2351, 2357-ter, comma 2, 2368, 2369 c.c., 120, 127-quinquies, 127-sexies t.u.f. (Massima n. 144 aggiorn. 17.6.2015 elaborata dal Consiglio Notarile di Milano)

CLAUSOLE LIMITATIVE DELLA CIRCOLAZIONE DELLE AZIONI

Purché contenuta entro il limite di cinque anni, è legittima una clausola statutaria che preveda qualsiasi forma di limitazione alla circolazione delle azioni, ancorché essa non garantisca al socio la possibilità di liquidare la quota, oppure garantisca tale possibilità ma consentendogli di realizzare per le sue azioni un valore inferiore a quello che deriverebbe dall’applicazione dei criteri di cui all’art. 2437-ter c.c.
Per contro, una clausola che limiti significativamente, o addirittura vieti, l’alienazione delle azioni e la cui efficacia temporale non sia limitata o superi i cinque anni, è efficace solo qualora assicuri al socio la possibilità di realizzare per le sue azioni almeno il valore che deriva dall’applicazione dei criteri di cui all’art. 2437-ter o, quando essa precluda un progettato trasferimento a terzi, quando assicuri al socio la possibilità di realizzare lo stesso prezzo eventualmente offerto dal terzo, anche se in ipotesi inferiore al valore di cui all’art. 2437-ter.
E` legittima qualsiasi forma di clausola limitativa del diritto dell’acquirente mortis causa ad ottenere l’iscrizione nel libro dei soci, purché essa preveda espressamente che, in caso di mancata iscrizione, egli ha diritto di realizzare per le sue azioni il valore che deriva dall’applicazione dei criteri di cui all’art. 2437-ter c.c.

Normativa: artt. 2355-bis e 2437-ter c.c. (Massima n. 13/2010 elaborata dalla Commissione Società del Consiglio Notarile di Firenze)

CLAUSOLE LIMITATIVE DELLA CIRCOLAZIONE DELLE AZIONI

Purché contenuta entro il limite di cinque anni, è legittima una clausola statutaria che preveda qualsiasi forma di limitazione alla circolazione delle azioni, ancorché essa non garantisca al socio la possibilità di liquidare la quota, oppure garantisca tale possibilità ma consentendogli di realizzare per le sue azioni un valore inferiore a quello che deriverebbe dall’applicazione dei criteri di cui all’art. 2437-ter c.c.
Per contro, una clausola che limiti significativamente, o addirittura vieti, l’alienazione delle azioni e la cui efficacia temporale non sia limitata o superi i cinque anni, è efficace solo qualora assicuri al socio la possibilità di realizzare per le sue azioni almeno il valore che deriva dall’applicazione dei criteri di cui all’art. 2437-ter o, quando essa precluda un progettato trasferimento a terzi, quando assicuri al socio la possibilità di realizzare lo stesso prezzo eventualmente offerto dal terzo, anche se in ipotesi inferiore al valore di cui all’art. 2437-ter.
È legittima qualsiasi forma di clausola limitativa del diritto dell’acquirente mortis causa ad ottenere l’iscrizione nel libro dei soci, purché essa preveda espressamente che, in caso di mancata iscrizione, egli ha diritto di realizzare per le sue azioni il valore che deriva dall’applicazione dei criteri di cui all’art. 2437-ter c.c.

Normativa: artt. 2355 bis e 2437 ter c.c. (Massima n. 13/2010 elaborata Commissione Società del Consiglio Notarile di Firenze)

OPPONIBILITÀ DEI LIMITI ALLA CIRCOLAZIONE DELLE AZIONI

Per l’opponibilità ai terzi della clausola statutaria di gradimento (e, in genere, delle altre limitazioni statutarie alla circolazione delle azioni) non è sufficiente la pubblicità legale dello statuto derivante dal deposito dello stesso nel registro delle imprese, ma è necessario che l’esistenza di tali limitazioni alla circolazione risulti dal titolo.

Normativa: art. 2355-bis c.c. (Massima n. H.I.3 - 1° pubbl. 9/04, elaborata dal Comitato Interregionale Dei Consigli Notarili Delle Tre Venezie)

PATTI SUCCESSORI E LIMITI AL TRASFERIMENTO MORTIS CAUSA

Non costituisce violazione del divieto di patti successori ed è legittima la clausola statutaria che attribuisca ai soci superstiti il diritto di acquistare, entro un determinato periodo di tempo e previo pagamento di un prezzo congruo da determinarsi secondo criteri prestabiliti, le azioni già appartenute al defunto medesimo e pervenute agli eredi in forza della successione: e ciò in quanto il vincolo che ne deriva a carico dei soci è destinato a produrre effetti solo dopo il verificarsi della vicenda successoria, e quindi nel trasferimento per legge o per testamento, per cui la morte di uno dei soci costituisce soltanto il momento a decorrere dal quale può essere esercitata l’opzione per l’acquisto.

Normativa: artt. 2355-bis e 458 c.c.(Massima n. H.I.9 1° pubbl. 9/04 elaborata dal Comitato Interregionale Dei Consigli Notarili Delle Tre Venezie)

LIMITI ALLA COSTITUZIONE DI PEGNO

Ai limiti statutari eventualmente previsti in merito alla libera possibilità di costituire in pegno le azioni si applica la disciplina dei limiti alla circolazione delle azioni dettata dall’art. 2355 bis, c.c., compreso il diritto di recesso.

Normativa: art. 2355 bis c.c. (Massima n. H.I.11 - 1° pubbl. 9/04 elaborata dal Comitato Interregionale Dei Consigli Notarili Delle Tre Venezie)

LIMITI AL TRASFERIMENTO E PREVISIONE DI EMETTIBILITÀ DI AZIONI AL PORTATORE

È legittimo che lo statuto sottoponga a particolari condizioni il trasferimento delle azioni o vieti il loro trasferimento per cinque anni ai sensi del comma 1 dell’art. 2355 bis, c.c., anche se in altra clausola ammette la possibilità di emettere azioni al portatore. In tale ipotesi i limiti o i divieti non si applicano alle eventuali azioni al portatore emesse (una volta che ciò sia possibile per legge).

Normativa: art. 2355 bis c.c. (Massima n. H.I.13 - 1° pubbl. 9/04 elaborata dal Comitato Interregionale Dei Consigli Notarili Delle Tre Venezie)

AZIONI AL PORTATORE

La previsione contenuta nel comma 1 dell’art. 2354 c.c., come novellata dal D.Lgs. n. 37/2004, facendo salvi i divieti contenuti nelle leggi speciali rende di fatto non attuale la possibilità di emettere azioni al portatore.

Normativa: art. 2354 c.c. (Massima n. H.I.12 - 1° pubbl. 9/04 elaborata dal Comitato Interregionale Dei Consigli Notarili Delle Tre Venezie)

CLAUSOLE LIMITATIVE DELLA CIRCOLAZIONE DI PARTECIPAZIONI SOCIALI, APPLICABILI SOLO A DETERMINATE CATEGORIE DI AZIONI O A SINGOLI SOCI.

E' legittima la previsione statutaria di diverse regole di circolazione delle azioni di s.p.a. o delle partecipazioni di s.r.l., che siano applicabili non già a tutte le azioni o partecipazioni emesse dalla società, bensì solo ad alcune di esse.
Tale facoltà - che incontra ovviamente i medesimi vincoli imposti dalla legge per la generalità delle azioni o partecipazioni sociali - può riguardare sia le clausole comportanti limiti alla circolazione in senso proprio (ad es. prelazione, gradimento, etc.), sia le altre clausole riguardanti in senso lato il trasferimento delle azioni (ad es. tecniche di rappresentazione delle azioni, riscatto, recesso convenzionale, etc.).
In queste circostanze, il diverso regime di circolazione dà luogo: (i) nella s.p.a., a diverse categorie di azioni ai sensi dell'art. 2348 c.c., ciascuna delle quali caratterizzata dalle regole statutarie ad essa applicabili; (ii) nella s.r.l., a diritti particolari dei soci ai sensi dell'art. 2468 c.c., spettanti ai singoli soci cui si applica il diverso regime di circolazione.

Normativa: artt. 2348, 2355 bis, 2468 e 2469 c.c. (Massima n. 95 pubblicata il 18 maggio 2007 elaborata dal Consiglio Notarile di Milano)

LIMITI DI VALIDITÀ DELLA CLAUSOLA STATUTARIA CHE ESCLUDE L’EMISSIONE DELLE AZIONI O PREVEDE L’UTILIZZAZIONE DI DIVERSE TECNICHE DI CIRCOLAZIONE E DI LEGITTIMAZIONE

La clausola statutaria che esclude l’emissione delle azioni, o prevede l’utilizzazione di diverse tecniche di circolazione e di legittimazione, deve necessariamente essere formulata nel senso che tutte le azioni siano sottoposte alla stessa disciplina.
La coesistenza di diversi metodi di circolazione e/o legittimazione trasferirebbe infatti indebitamente sull’acquirente il rischio di accertare in concreto quale è lo strumento che consente di acquistare validamente le azioni, con l’aggravante che nello statuto, e quindi nel registro delle imprese, non sarebbe possibile effettuare tale accertamento.

Normativa: art. 2355 bis c.c. (Massima n. H.I.21 - 1° pubbl. 9/06 elaborata dal Comitato Interregionale Dei Consigli Notarili Delle Tre Venezie)

MANCATA EMISSIONE DEI CERTIFICATI AZIONARI

La clausola statutaria che prevede la mancata emissione dei certificati azionari, ai sensi dell'art. 2346, comma 1, c.c., al di là della diversa ipotesi di dematerializzazione obbligatoria o facoltativa, ha in linea di principio portata generale e riguarda pertanto tutte le azioni della società.
Lo statuto può tuttavia attribuire ad ogni socio la facoltà di scegliere se richiedere o meno l'emissione dei certificati azionari incorporanti tutte o parte delle proprie azioni, circostanza della quale si darà evidenza con apposita annotazione nel libro dei soci.
L'introduzione o la soppressione della clausola statutaria che prevede la manca-ta emissione dei certificati azionari non dà luogo alla causa legale di recesso di cui al-l'art. 2437, comma 2, lett. b), c.c. - consistente nella introduzione o nella rimozione di vincoli alla circolazione dei titoli azionari - non avendo ad oggetto la trasferibilità delle azioni, bensì la modalità del loro trasferimento.
Nelle ipotesi di mancata emissione dei certificati azionari ai sensi dell'art. 2346, comma 1, c.c., devono trovare applicazione analogica l'art. 2022, comma 2, c.c., e il cor-rispondente art. 11 r.d. 239/42, nel senso che l'iscrizione dell'acquirente nel libro dei soci (a sua volta presupposto necessario ai fini della legittimazione, ex art. 2355, comma 1, c.c.) può essere richiesta:
- dall'alienante, il quale deve provare la propria identità e capacità di disporre mediante certificazione di un notaio o di un agente di cambio (o soggetti a quest'ultimo equiparati per legge);
- dall'acquirente, il quale deve dimostrare il suo diritto mediante atto autentico.
E' fatta peraltro salva la possibilità che lo statuto preveda, oltre a quanto sopra, requisiti formali più rigorosi per il trasferimento delle azioni non incorporate in certificati azionari, quali la scrittura privata autenticata o l'atto pubblico.

Normativa: Art. 2346 c.c. (Massima n. 71 pubblicata il 22 novembre 2005 elaborata dal Consiglio Notarile di Milano)

DEROGA AL DIVIETO STATUTARIO DI TRASFERIMENTO DELLE PARTECIPAZIONI.

Non è sufficiente il consenso dei soci, espresso al di fuori di un'assemblea straordinaria (nella s.p.a.) o di un'assemblea che deliberi con le maggioranze e con le forme necessarie per modificare l'atto costitutivo (nella s.r.l.), per trasferire con effetto verso la società le azioni o le partecipazioni la cui circolazione è vietata dallo statuto in conformità al disposto degli articoli 2355 bis, comma 1, o 2469 c.c.. Nella s.p.a. è comunque legittima la clausola che - nel limite temporale di cinque anni previsto dall'art. 2355 bis, comma 1, c.c. - preveda il divieto del trasferimento delle azioni e nel contempo l'ammissibilità del trasferimento stesso in presenza del consenso dei soci.
Nella s.r.l. la medesima clausola determina il diritto di recesso ai sensi dell'articolo 2469, comma 2, salva la possibilità di escluderlo limitatamente ad un periodo massimo di due anni.

Normativa: artt. 2355 bis e 2469 c.c. (Massima n. 92 pubblicata il 18 maggio 2007 elaborata dal Consiglio Notarile di Milano)

RINNOVO DEL DIVIETO STATUTARIO DI TRASFERIMENTO DELLE AZIONI

E’ legittimo deliberare, con le maggioranze previste per le modifiche statutarie e nei limiti temporali di legge, il rinnovo del divieto di trasferimento delle azioni già contenuto nello statuto ai sensi dell’art. 2355 bis, comma 1, c.c.
Tale delibera può essere adottata anche prima della scadenza del divieto previgente e può anche essere ulteriormente rinnovata.
Qualora lo statuto non abbia escluso il diritto di recesso ai sensi dell’art.2437, comma 2, lett. b),
c.c., l’approvazione della delibera di rinnovo del divieto di vendita delle azioni attribuisce il diritto di recesso ai soci che non hanno concorso alla sua approvazione.

Normativa: 2355 bis, comma 1, c.c. (Massima n. H.I.22 - 1° pubbl. 9/06 elaborata dal Comitato Interregionale dei Consigli Notarili delle Tre Venezie)

AZIONI REDIMIBILI

E' possibile emettere azioni speciali (cc.dd. puttableredeemable shares “prs”) aventi ad oggetto il diritto potestativo di ottenere da parte di altri soci l’acquisto delle azioni medesime ad un prezzo garantito, da esercitarsi entro un certo termine. La relativa posizione passiva incombe sui titolari di azioni ordinarie, e non sulla società, al fine di non eludere la normativa in tema di riduzione del capitale (art. 2445 c.c.) ovvero il divieto di distribuzione di utili fittizi (art. 2433 c.c.).

Non è necessario che il valore di acquisto da parte degli altri soci segua i criteri di valutazione stabiliti per il recesso ex art. 2437-ter c.c., potendo essere stabilito secondo canoni diversi, i quali anche se non determinati devono essere determinabili ex ante, ad esempio, in misura pari al prezzo originario delle azioni, maggiorato di un interesse e decurtato dei dividenti distribuiti, o anche ad un prezzo percentualmente inferiore, al fine di stabilire un floor per l'investitore.

Normativa: 2348, c.c.
(Massima Luglio 2016 elaborata dalla Commissione del Consiglio Notarile di Roma)

CLAUSOLE STATUTARIE ANTI-DILUIZIONE

Sono legittime le clausole statutarie di s.p.a. o di s.r.l. che prevedono l'obbligo, in caso di futuri aumenti di capitale sociale a pagamento, con o senza diritto di opzione, di assegnare gratuitamente un determinato numero di azioni o quote di nuova emissione a favore dei titolari di una categoria di azioni o quote (o a favore di uno o più singoli soci di s.r.l.), allorché detti aumenti di capitale siano deliberati a un prezzo inferiore all'importo stabilito dalla clausola stessa, al fine di evitare la diluizione del valore delle azioni o quote della categoria protetta anche qualora i relativi titolari non partecipassero ai nuovi aumenti.

Resta ferma la necessità, come in ogni caso di assegnazione non proporzionale delle azioni o delle quote ai sensi degli artt. 2346, comma 4, e 2468, comma 2, c.c., che l'ammontare totale dei conferimenti effettuati dai sottoscrittori diversi dai titolari della categoria protetta sia almeno pari all'ammontare dell'aumento di capitale effettivamente sottoscritto.

Il diritto di vedersi assegnato gratuitamente un numero di azioni o quote di nuova emissione, di compendio del nuovo aumento di capitale, senza effettuare nuovi conferi- menti, per un ammontare tale da conseguire l'effetto anti-diluitivo, può costituire un "di- ritto diverso" che connota una categoria di azioni o di quote ai sensi degli artt. 2348 c.c. o 26, comma 2, d.l. 179/2012 (o che si aggiunge ad altri diritti diversi della categoria "protetta") oppure un "diritto particolare" ai sensi dell'art. 2468, comma 3, c.c.

Normativa: artt. 2346, comma 4, e 2468, comma 2 c.c.
(Massima n. 186 pubblicata il 3 dicembre 2019 dal Consiglio Notarile di Milano) 

USUFRUTTO SULLE AZIONI - DIRITTO AGLI UTILI E ALLA DISTRIBUZIONE DI RISERVE

L’art. 2352 c.c. disciplina soltanto l’attribuzione dei diritti amministrativi nel caso di usufrutto sulle azioni disinteressandosi di quelli economici.

Stante tale carenza si deve ritenere che all’usufruttuario di azioni spettino i diritti economici previsti dalla disciplina generale, cioè il diritto a percepire i frutti civili di cui all’art. 984 c.c.. Nel caso delle azioni societarie, hanno natura di frutti civili gli utili di esercizio di cui sia deliberata la distribuzione.

Gli utili destinati a riserva non spettano dunque all’usufruttuario, in quanto la decisione di non distribuirli equivale ad una loro “capitalizzazione”, con definitiva apprensione al patrimonio della società delle somme accantonate.

L’eventuale delibera di distribuzione di riserve, siano esse da utili o di capitale, equivale ad una attribuzione di somme che rappresentano un capitale e non al pagamento di un frutto civile, per cui il diritto alla loro riscossione spetta al socio nudo proprietario, il quale, ai sensi dell’art. 1000 c.c., dovrà esercitarlo in concorso con l’usufruttuario e sulle somme riscosse si trasferirà l’usufrutto.
Tale regola trova applicazione anche nell’ipotesi di distribuzione di riserve in natura.

Normativa: art. 2352 c.c.
(Massima n. H.I. 27 pubblicata 9/17 dal Comitato Interregionale dei Consigli Notarili delle Tre Venezie) 

USUFRUTTO SULLE PARTECIPAZIONI - DIRITTO AGLI UTILI E ALLA DISTRIBUZIONE DI RISERVE

L’art. 2352 c.c., richiamato per le srl dall’art. 2471 bis c.c., disciplina soltanto l’attribuzione dei diritti amministrativi nel caso di usufrutto sulle partecipazioni sociali, disinteressandosi di quelli economici.
Stante tale carenza si deve ritenere che all’usufruttuario di partecipazioni spettino i diritti economici previsti dalla disciplina generale, cioè il diritto a percepire i frutti civili di cui all’art. 984 c.c.. Nel caso delle partecipazioni societarie, hanno natura di frutti civili gli utili di esercizio di cui sia deliberata la distribuzione.

Gli utili destinati a riserva non spettano dunque all’usufruttuario, in quanto la decisione di non distribuirli equivale ad una loro “capitalizzazione”, con definitiva apprensione al patrimonio della società delle somme accantonate.

L’eventuale delibera di distribuzione di riserve, siano esse da utili o di capitale, equivale ad una attribuzione di somme che rappresentano un capitale e non al pagamento di un frutto civile, per cui il diritto alla loro riscossione spetta al socio nudo proprietario, il quale, ai sensi dell’art. 1000 c.c., dovrà esercitarlo in concorso con l’usufruttuario e sulle somme riscosse si trasferirà l’usufrutto.
Tale regola trova applicazione anche nell’ipotesi di distribuzione di riserve in natura.

Normativa: art. 2352 c.c.
(Massima n. I.I. 32 pubblicata 9/17 dal Comitato Interregionale dei Consigli Notarili delle Tre Venezie) 

CLAUSOLA DI PRELAZIONE IN FAVORE DI NON SOCI

La clausola di prelazione in favore del terzo estraneo (per tale intendendosi sia soggetti terzi formalmente estranei alla compagine sociale ma legati da rapporti di parentela, coniugio o affinità con gli azionisti; sia soggetti terzi formalmente estranei alla compagine sociale ma legati da rapporti societari e/o contrattuali con la società o gli azionisti; sia soggetti terzi estranei tanto sul piano formale quanto su quello sostanziale rispetto agli azionisti) è legittima e compatibile con l’ordinamento societario vigente e può essere introdotta nello statuto sia in sede di costituzione della società in base alla volontà comune di tutti i soci fondatori sia durante la vita sociale mediante delibera assunta con le maggioranze previste per le modifiche statutarie, fatto salvo, ai sensi dell’art. 2437, comma, 2 lett. b) c.c., il diritto di recesso per i soci che non hanno concorso alla approvazione della relativa delibera, a meno che lo statuto non disponga diversamente. Con le stesse maggioranze, e senza il consenso del terzo, tale clausola può essere rimossa.

Normativa: art. 2355-bis c.c.
(Massima n. H.I.30 pubblicata 9/20 dal Comitato Interregionale dei Consigli Notarili delle Tre Venezie) 

OPERATIVITÀ DELLA CLAUSOLA DI PRELAZIONE A FAVORE DI NON SOCI - TECNICHE REDAZIONALI ED AUTONOMIA STATUTARIA

Ammessa la liceità dell’introduzione nello statuto (vedasi Orientamento H.I.30) della clausola di prelazione a favore di non soci, che “ab origine” si introduce per agevolare l’ingresso di un estraneo in società, la sua disciplina può essere declinata variamente ed ampiamente nell’esercizio dell’autonomia contrattuale. Sarà così possibile prevedere che a fronte dell’esercizio, anche solo parziale, del diritto di prelazione da parte del terzo la clausola diventi inefficace per il futuro (avendo carattere tendenzialmente precario o temporaneo ed avendo esaurito la sua funzione con l’ingresso in società del terzo; in tal caso il diritto si consuma con il suo primo esercizio ed indipendentemente dalla misura o dalla quantità delle azioni acquisite), oppure, al contrario, che il diritto di prelazione permanga in capo al soggetto pre-individuato (originariamente estraneo) il quale lo potrà esercitare ogni volta che intervenga un trasferimento di azioni (e quindi anche qualora sia già divenuto socio).

Ma sono peraltro da ritenersi legittime anche discipline più articolate in funzione delle diverse esigenze manifestate dai paciscenti, quali, ad esempio: la permanenza del diritto in capo al terzo per più volte fino al raggiungimento di un certo ammontare di azioni o di una certa soglia o percentuale di capitale sociale; la spettanza del diritto al soggetto pre-individuato anche più volte ma solo se al momento dell’esercizio della prelazione sia attualmente terzo (pur essendo stato una o più volte socio); oppure ancora, qualora si intenda introdurre vincoli alla circolazione delle azioni della società controllata, l’attribuzione del diritto di prelazione in favore di tutti i soci della società controllante proporzionalmente in base alle rispettive partecipazioni e con diritto di prelazione ulteriore, per la eventuale parte residua, a favore di quelli che abbiano esercitato la prelazione nell’esercizio del diritto statutariamente attribuito. Le singole clausole potranno essere variamente declinate in relazione agli strumenti offerti dal modello societario.

Normativa: art. 2355-bis c.c.
(Massima n. H.I.31 pubblicata 9/20 dal Comitato Interregionale dei Consigli Notarili delle Tre Venezie)